Storia
Dalla nascita dello Stato in poi, è iniziato il dibattito – aperto ancora oggi – sul rapporto fra competenze e poteri centrali e periferici, nel tentativo di individuare soluzioni funzionali e sinergiche ma non ridondanti.
Per lo Stato sabaudo, la scelta dei Savoia si rivolge ad una forma di gestione centralistica che vuole limitare il potere potenzialmente destabilizzante delle amministrazioni locali. Questa sorta di delegittimazione politica, che limita i poteri del Sindaco alla mera funzione esecutiva, determina presto la nascita di un movimento comunale italiano. Sebbene i sindaci fossero ancora nominati dal governo (così fino al 1893), nel 1879 si svolge la prima manifestazione di protesta. Le richieste dei 60 sindaci intervenuti sono molto chiare: riduzione delle tasse governative e possibilità di aumentare quelle municipali. Rimasti inascoltati per anni, nel 1891, su iniziativa di Fazi, sindaco di Foligno, nasce la prima forma di organizzazione del movimento, a cui inizialmente aderiscono soprattutto le città medio-piccole, con lo scopo di ottenere maggiore influenza politica attraverso un’azione collettiva. Alle prime assemblee promosse da Fazi (la prima delle quali si svolge a Perugia) partecipano centinaia di sindaci e nella discussione emergono subito due temi cruciali: da un lato si discute sul carattere delle rivendicazioni e l’iniziale richiesta di tipo finanziario si trasforma ben presto in una più complessiva istanza di autonomia comunale; dall’altro acquista sempre più forza la volontà di dialogo dei poteri periferici con quello centrale, tanto che negli anni successivi i tentativi in questa direzione saranno numerosi e avranno come protagonisti i comuni del centro-nord, forti di una radicata tradizione di autonomia locale.
Le relazioni fra aree rurali o montane e aree urbane vengono completamente stravolte, per gli amministratori locali emergono nuove e pressanti problematiche da affrontare che fanno emergere la necessità di individuare linee strategiche di intervento comune: densità abitativa, inquinamento ambientale, trasporti e servizi urbani, reti idriche, elettriche e fognarie. Le trasformazioni generano esigenze inedite, che vanno affrontate in maniera nuova, attraverso nuove forme organizzative.
Il congresso fondativo dell’ANCI si svolge a Parma nel 1901 e i primi anni non sono indenni da divergenza politiche causate dalla presenza di due componenti – cattolica e socialista – i cui obiettivi sono distanti nelle modalità d’azione, nella tempistica e nei riferimenti sociali, filosofici e culturali. Nel 1907 giunge il primo risultato concreto con l’approvazione della Legge 116, che prevede il graduale passaggio allo Stato di tutte le spese di competenza statale sino ad allora sostenute dai Comuni. La nascita dell’associazione nazionale stimola la costituzione di altre organizzazioni, prima fra tutte l’Unione Statistica delle Città Italiane (Usci, 1907). Nel 1926 l’Anci viene sciolta dal fascismo, per essere ricostituita a Roma nel 1946.
Se da un lato i problemi di autonomia istituzionale e finanziaria non differiscono di molto dalla fase precedente, la divisione europea fra i due blocchi determina per alcuni decenni un irrigidimento delle posizioni che non agevola l’unità dei Comuni. Nel 1947, infatti, le amministrazioni di sinistra lasciano l’associazione per dare vita a Firenze alla Lega dei Comuni Democratici.
I decenni successivi alla guerra sono caratterizzati da grande fervore politico e culturale e ricchi di mutamenti. Dal 1968, con oltre un ventennio di ritardo, si definiranno i termini del trasferimento alle Regioni di buona parte delle materie stabilite dagli articoli 117 e 118 della nostra costituzione. Solo nel 1977, con il D.P.R. n. 616 tale processo si può dire realizzato. Con l‘istituzione delle Regioni riprende vigore la questione delle autonomie locali ed è grazie al Presidente nazionale R. Triglia, a partire dal 1982, che l’Associazione inizia a consolidare la sua funzione di servizio ai Comuni. Anche per i Comuni, infatti, inizia una nuova epoca ed è a partire dagli anni settanta che nell’ambito dell’ANCI si andranno a costituire le sezioni regionali, poi divenute associazioni. Nel fra cui l’ANCI Umbria nel 1974 nasce l’ANCI Umbria, presieduta dal sindaco di Terni Dante Sotgiu.
I primi anni dell’ANCI Umbria sono caratterizzati da una grande attenzione rispetto alla fisionomia che le costituende Regioni vanno assumendo. Le novità introdotte nel sistema di governo e l’inesperienza della neonata sezione umbra hanno sicuramente rallentato le sue azioni, anche se non è mai mancato il confronto rispetto alle questioni più sentite dalle comunità locali, prima fra tutte la questione finanziaria.
L’ANCI Umbria, come anche le altre realtà regionali, in questo periodo e fino agli anni novanta, è di fatto una sezione distaccata dell’ANCI nazionale, priva di statuto autonomo. Tra le sue prime attività vi è certamente l’aspetto organizzativo.
In un clima di rinnovamento nel 1992 vengono finalmente approvate alcune modifiche statutarie dell’ANCI nazionale affinché l’organizzazione interna dell’Associazione e i ruoli delle varie componenti fossero all’altezza del decentramento amministrativo in atto. Nel 1994, dunque, ANCI Umbria elabora in forma partecipata il nuovo statuto, che la confermerà ufficialmente come associazione, con uno spazio autonomo e funzionale rispetto all’organizzazione nazionale.
I PRESIDENTI DI ANCI UMBRIA
1974 – 1978 Dante Sotgiu, Sindaco di Terni
1978 – 1990 Giacomo Porrazzini, Sindaco di Terni
1990 – 1993 Maurizio Benvenuti, Vice Sindaco di Terni
1993 – 1997 Paolo Barboni, Sindaco di Gubbio
1997 – 2004 Stefano Cimicchi, Sindaco di Orvieto
2004 – 2007 Catiuscia Marini, Sindaca di Todi
2007 – 2009 Paolo Raffaelli, Sindaco di Terni
2009 – 2010 Fernanda Cecchini, Sindaca di Città di Castello
2010 – 2014 Wladimiro Boccali, Sindaco di Perugia
2014 – 2020 Francesco De Rebotti, Sindaco di Narni
Dal 2021 è in carica Michele Toniaccini, sindaco di Deruta
Nella foto, Dante Sotgiu, primo presidente di Anci Umbria
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